Per chi conosce la fisica, l’elettronica, chi ha esperienza in onde elettromagnetiche, era difficile credere all’ipotesi di nanotecnologie nei vaccini, nanotecnologie che avrebbero dovuto operare all’interno del nostro corpo. Non lo si poteva escludere ma era certamente poco probabile per motivi tecnici.
Un microchip iniettabile non è certo difficile da creare oggi, l’integrazione ha raggiunto livelli impensabili. Creare dispositivi sempre più piccoli è un’esigenza tecnica oltre che commerciale, dispositivi piccoli presentano maggiori campi applicativi per questo da sempre si spinge alla miniaturizzazione dei dispositivi elettronici. Sostanzialmente non sarebbe difficile oggi realizzare una sorta di RFID con qualche funzione in più di dimensioni nanometriche da iniettare, l’alimentazione potrebbe essere trasmessa sotto forma di energia elettromagnetica. Gli RFID passivi sono di uso comune, miniaturizzarli e spostarli in bande di frequenza operativa più alte per miniaturizzare anche le antenne non è certo un problema. Quello che sembrava impossibile era la possibilità di interagire con un tale dispositivo disperso nel corpo. Un RFID che lavorasse nel campo delle microonde disperso nel corpo umano avrebbe una difficoltà oggettiva, arrivare a trasmettere con il dispositivo per fornirgli alimentazione e per comunicare mentre lo stesso si trovava nel corpo umano in una posizione sconosciuta. In pratica il corpo umano sarebbe stato un insuperabile schermo ed un formidabile dissipatore di onde nanometriche. Per riuscire a dialogare con il dispositivo si sarebbe resa necessaria una potenza di segnale tale da distruggere il corpo umano stesso in poco tempo.
Nell’articolo sotto, pubblicato nel 2010, vediamo come il grafene abbia delle caratteristiche che potrebbero risolvere il problema, a differenza di quanto avviene normalmente nella materia, il grafene si lascia attraversare meglio proprio dalle frequenza più alte ed agisce come un facilitatore della trasmissione. Riporto un estratto dell’articolo che allego sotto:
L’articolo riportato è solo uno dei tantissimi presenti in letteratura, il concetto è che il grafene potrebbe aiutare a dialogare ed alimentare il dispositivo disperso nell’organismo.
Gli interrogativi che vengono sono tantissimi, qualcuno si potrebbe chiedere se il grafene nel corpo può effettivamente fungere da ripetitore di onde elettromagnetiche, in che concentrazione si dovrebbe trovare. Altri dubbi che possono lecitamente venire sono: il corpo smaltisce, espelle il grafene? Per quanto tempo resta il grafene nel corpo? E’ tossico?
Tutti questi dubbi richiederebbero un’ampia, lunga e costosa sperimentazione. La sperimentazione sarebbe sicuramente molto lunga e costosa salvo che non si sperimenti gratuitamente e su tutto il genere umano.
Il distanziamento tra una dose e l’altra, cambiato più volte forse è servito a monitorare i tempi di permanenza del grafene nel corpo? Forse le dosi ripetute servono perché il corpo di tenere il grafene non ne vuole sapere? Forse i vari lotti di vaccino contengono ossido di grafene di tipologia diversa, o combinato con particelle o molecole diverse per sperare in una permanenza infinita nel corpo. Quest’ultima ipotesi troverebbe conferma nelle nanoparticelle lipidiche di cui si è tanto parlato, nanoparticelle che potrebbero essere difficilmente smaltibili.
Mille interrogativi ed una sola certezza, se un dispositivo deve lavorare all’interno del corpo umano l’ossido di grafene potrebbe essere una soluzione, andrebbe solo fatto qualche studio e qualche ESPERIMENTO.
Sia chiaro che non si vuole con questo testo “dimostrare” che l’ossido di grafene nel vaccino COVID serve a questo, si vuole solo evidenziare come le particolari proprietà in ambito elettromagnetico di questo componente lo rendono interessante in certi ambiti applicativi.